Durante il recente appuntamento mondiale dei giovani per la pace, il Teatro Alfieri è stato, probabilmente, la sede più toccante ed emozionante vuoi per il tema, dialogo interreligioso, ma soprattutto perché a introdurre e stimolare il dibattito con una performance teatrale, sono stati chiamati i ragazzi dell’Arcobaleno. Questi non sono attori professionisti, ma un gruppo di ragazzi/e dai 7 ai 25 anni, ebrei, palestinesi, cristiani, musulmani provenienti da diversi villaggi, che con grandi sacrifi ci personali e contro tabù ancestrali si trovano almeno una volta alla settimana per fare teatro, per fare comunità, trovando anche il tempo di andare in giro per il mondo a gridare che, nonostante tutto, la pace è possibile.
La splendida quanto coraggiosa regista ci ha confidato dell’emozione di parlare di religione, di tolleranza, di pace, di convivenza nella diversità, nel Teatro Alfieri; era, Ella disse, come passare dalla preghiera fatta in strada a pregare Dio nel suo Tempio.
Per alcuni astigiani presenti è stato uno dei momenti più alti, carico di umanità, emozione e passione che il Teatro ha loro trasmesso dalla sua riapertura.
Questa riflessione fatta alla presentazione del cartellone 2004/2005 si carica di nuovo valore alle proposte culturali che vogliamo fare alla città, e allarga il discorso su ulteriori considerazioni: qual’è il ruolo e la funzione che il nostro Teatro deve avere in città e per i cittadini a tre anni dalla sua riapertura? Fino a che punto esso corrisponde ai bisogni reali o indotti dei cittadini? Ha un ruolo e quale la comunicazione teatrale nel complesso sistema del mondo della comunicazione di massa, dove televisione-cinema-computerradio- giornali, non solo catalizzano l’attenzione dei fruitori, ma diventano sempre più parte integrante della vita collettiva ed individuale dei cittadini? In buona sostanza a cosa servono oggi i teatri e quale senso possiamo dare oggi all’investimento fatto in più di 20 anni di lavoro?
E’ facile rispondere che uno spazio per “cerimonie collettive” prestigioso come il Teatro Alfieri dà ulteriori possibilità di sviluppo alla città; o che nessuna forma di comunicazione ha la potenza comnunicativa-emozionale che ha lo spettacolo dal vivo, il più capace ad arrivare sino al profondo dell’animo umano, non fosse altro che per la messa in scena, la messa a nudo dell’attore-artista.
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