Da dove cominciare? Un disco prende sempre la sua strada.
Per quanti sforzi si possano fare per renderlo un abito che ci calzi bene addosso -il nostro abito- il risultato non è mai quello che ci si aspettava. La musica e le parole prendono il sopravvento sulle intenzioni, seguono una strada tutta loro, affascinante e rischiosa, lasciandoci ogni volta nel dubbio che ciò che siamo riusciti a dire fosse ciò che avevamo da dire.
“Cattive abitudini” è di sicuro un disco popolato: di personaggi, di citazioni, di luoghi. Ossessionato dal tempo, attaccato al presente, è un disco che ha fretta, anche nei suoi momenti più dilatati. Il paesaggio che crea è un paesaggio mosso, urbano e domestico, di grandi spazi ed esili coatti: il nostro monotono sublime come scrive Robert Lowell, racchiudendo in una sola frase (troppo bella per non essere rubata) il senso di continua scoperta che ci riserva la quotidianità.
Registrato in presa diretta in una villa sull'argine del Po, utilizzando solo macchine analogiche (più per una questione affettiva che per scelta ideologica), ci piace pensare che i pezzi si siano impregnati di quell'atmosfera fuori dal tempo che abbiamo respirato in quei giorni, creando un distacco prospettico che è forse l'unica maniera per descrivere il reale.
Accanto al nucleo originale: Emidio Clementi (autore dei testi, voce e basso), Egle Sommacal (chitarra) e Vittoria Burattini (batteria), c'è da segnalare 'ingresso nel gruppo di Stefano Pilia alla chitarra, già presente nel live 'Bologna novembre 2008'.
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