ZEN CIRCUS e IL PAN DEL DIAVOLO


Quando: sabato 5 marzo 2011
Dove: Rimini
Genere: Sperimentale, Folk
Location: Velvet Club
Al Velvet il tradizionale party di Carnevale in collaborazione con i ragazzi del (Qualcosina)², giunto all’ottava edizione.

Sul palco Zen Circus e Il Pan del Diavolo, doppietta targata “La Tempesta” (Tre Allegri Ragazzi Morti, Le Luci Della Centrale Elettrica, Teatro degli Orrori, Sick Tamburo e Cosmetic tra gli altri).


Il bisogno è quello di una scarnificazione rigeneratrice, di un ritorno ai primordi del rock’n’roll, passando per le misteriose esalazioni di un folk vera sorgente di vita.

Da Palermo, ecco, allora, Il Pan del Diavolo, duo composto da Pietro Alessandro Alosi (voce, chitarra, grancassa) e Gianluca Bartolo (chitarra 12 corde), già autori di un Ep e oggi forti di un esordio che potrebbe essere indizio di interessanti sviluppi futuri. Usiamo il condizionale perché, se il sound appare già maturo e vivace, non tutti i brani sembrano poter reggere all’urto del tempo.

“Sono all’osso”, dunque: ovvero, la scarnificazione di cui sopra e via di questo passo. Tralasciando la ballata “Africa”, pregna di malinconico stupore, tutto il disco si muove dentro coordinate folk’n’roll che, oltre a pescare nella stanza dei ricordi della musica popolare (anche quella veramente “popolare”, vedi la nostalgia nel vento di “Il boom” o lo stornello di “Scarpette a punta”), rigenera anche il mito dei Violent Femmes per quell’attitudine punk che non mente mai. Liriche sarcastiche, velenose, rabbiose: un po’ di Rino Gaetano nel cuore (“Farà cadere lei”, “Ciriaco”), ma anche un anarchico abbandono, su coordinate bluegrass (“Voglio fare tutto/ ma tutto non si può fare” e, quindi, “faccio quello che mi pare”, da “Pertanto”) o country (“Il mistero dello specchio rotto”). Con piglio corale, volteggia, invece, “Il centauro”, fino ai battimani contagiosi di “Università”.

C’è, oltre allo sberleffo, il sentimento profondo di una disfatta che genera “mostri”, che trasforma la disperazione in furia dissacrante. Peccato, però, che il disco perda progressivamente la sua carica esplosiva, quasi che la band, mostrati gli artigli, si accontenti di starsene in disparte, belva feroce ma innocua se tenuta a debita distanza. E per “Bomba nel cuore” arrivano gli Zen Circus, ma è un allungo che non conclude… Un po’ come la vita, insomma. Un po’ come un disco che, a conti fatti, solo a tratti si riesce davvero ad apprezzare.
E, per la musica italiana, questo serve a poco.
  
  
  
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