Marzo 1999. Le vette delle classifiche musicali sono da tempo prerogativa quasi esclusiva di produzioni discografiche mirate a soddisfare la moda del momento. Le band locali si adeguano con asettica ripetitività. In questo contesto, alcuni amici iniziano a suonare insieme con l'unico scopo di coltivare la comune passione per il blues, il soul e la musica nata negli ambienti afroamericani degli anni '60 e '70. Incoraggiati da uno sparuto gruppo di ascoltatori, decidono di proporre al pubblico la loro idea musicale, ispirata da artisti quali Bobby "Blue" Bland, Mighty Sam McClain, Johnny Adams, Lou Rawls, Solomon Burke, nonché dall'importante operazione di revival attuata dalla Blues Brothers Band già dagli ultimi anni '70. Si tratta, in concreto, di interpretare il repertorio classico adeguandosi alle sonorità ormai adottate dai predetti artisti contemporanei.
Il repertorio oggi proposto comprende brani di Otis Redding, Wilson Pickett, Isaac Hayes, Solomon Burke, James Brown, Mighty Sam Mc Clain, Stevie Wonder di cui alcuni portati al successo anche da Sam & Dave e The Blues Brothers.
Che presentino il set da ascolto o quello più ballabile, The Waiters offrono sempre uno spettacolo basilare e senza orpelli, che bandisce effetti speciali e basi registrate; anche il dialogo con il pubblico è limitato all’essenziale, infatti, il gruppo desidera regalare un’emozione lasciando che a parlare sia solo il linguaggio universale della musica, quella soul music che, come dice il nome, viene dall'anima e qui lascia l’eco delle sue vibrazioni.
Alessandro Maini voce
Giovanni Guerretti pianoforte
Antonio Quero tromba
Andrea Zermani sax
Stefano Sarchi chitarra
Marco Guadagnuolo basso
Marco Bianchi batteria
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