I Club Dogo sono diventati, nel giro di alcuni anni quattro dischi e centinaia di concerti, da “una delle novità dell’hip hop italiano a “la realtà dell’hip hop italiano”. A decretarne il successo non sono state le recensioni dei critici musicali né i passaggi in televisione o in radio, tutt’altro: sono state le autoradio dei furgoni che fanno le consegne in giro per la città al ritmo Puro Bogotà i click dei milioni di ragazzi che guardano il video di Brucia Ancora su youtube, le centinaia di flash delle fotocamere che immortalano Jake La Furia col dito medio alzato, le suonerie dei cellulari che squillano nelle piazze col beat di Don Joe, e tutti quelli che su facebook vorrebbero l’amicizia di Gué Pequeno o hanno il cane argentino tatuato sul braccio. Tradotto: il successo dei Club Dogo è dalla gente, per la gente. Quindi è a ragione che il nuovo album si intitola Che bello essere noi: non si tratta di autocelebrarsi, è passato il tempo per queste cazzate, anche perché se è vero che i Dogo o li ami o li odi è vero anche il fatto che pure loro ti odiano e te lo vengono a dire in faccia con rime potenti e precise come un colpo di Van Damme.
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